giovedì 16 febbraio 2012

                                           Internamenti

Il libro “Con foglio di via”, scritto da Lidia Maggioli e da Antonio Mazzoni, narra di alcune esperienze di ebrei internati durante il periodo della seconda guerra mondiale, più specificatamente tra il 1940 e il 1944.
Gli internamenti consistevano nel costringere persone di origine ebraica a vivere mesi e anni in campi di concentramento o in sedi coatte lontane dai confini dello stato.
Questo sistema fu predisposto fin dalla metà degli anni ’30, individuando le località più adatte in diverse regioni italiane tra cui le Marche. In questo modo il Ministero dell’ Interno poteva allontanare gli indesiderati dalle città di residenza, smistarli, isolarli, separarli tra loro e trasferirli ripetutamente dall’uno all’altro.
L'Abruzzo-Molise e le Marche ospitavano sul proprio territorio quasi la metà dei campi, gli altri si trovavano in Toscana, Umbria, Lazio, Campania, Puglia, Lucania, Calabria e nelle piccole isole di Ustica, Lipari, Ponza, Ventotene e Tremiti. Vi erano anche luoghi deputati al cosiddetto “internamento libero”, ovvero al soggiorno obbligato con una notevole limitazione della libertà personale, che prevedeva la proibizione di ogni contatto con gli abitanti del luogo e l’obbligo di presentarsi giornalmente alla stazione di polizia o dei carabinieri.
Il libro da cui ricaviamo queste informazione si occupa in particolare dell’ Alta Valmarecchia.



Biografia Charlotte Salomon

Charlotte Salomon nacque in una famiglia raffinata e benestante a Berlino il 16 aprile 1817, è stata una pittrice tedesca di origini ebraiche.
Ha avuto un'infanzia felice fino a nove anni quando sua madre Franziska Grunwald si suicidò gettandosi dalla finestra (lei lo venne a sapere solo da adulta).
Successivamente nel 1930 il padre Albert Salomon si risposò con la cantante lirica Paula Levi con la quale Charlotte ebbe un'ottimo rapporto.
Hitler nel 1933 emanò le leggi antisemite che cambiarono completamente la vita della famiglia Salomon, infatti il padre perse il lavoro di medico e Paula non potè più esibirsi in pubblico.
Sempre in quell'anno i nonni materni emigrarono nel sud della Francia dove la nonna terrorizzata dagli avvenimenti della guerra si suicidò, e fu lì che il nonno gli rivelò la vera causa della morte di sua madre.
Nel 1935 Charlotte abbandona il liceo a causa delle leggi razziali, mentre frequenta fino al'38 l'Accademia delle Belle Arti.
Nel 1938 dopo la notte dei cristalli, Charlotte lasciò l'Accademia e si trasferì dai nonni vicino a Nizza.
In seguito ai suicidi femmminili della sua famiglia, la ragazza contrasse una forma di depresssione e il suo medico curante le consigliò di riprendere a dipingere come forma di terapia.
Grazie a questa terapia Charlotte creò la sua opera artistica, Vita o Teatro un insieme di dipinti autobiografici, ci lavorò dal 1940 al 1942.
Nel 1942 si sposò con Alexander Nager, il 10 Ottobre venne deportata e uccisa subito nella camera gas poichè incinta di quattro mesi.
I genitori, che erano riusciti a salvarsi con l'aiuto della resistenza, scappando dal campo di Westerbork, recuperarono, dopo parecchie ricerche, la sua opera e la consegnarono al museo di Amsterdam nel 1959.
Opere:

Il quadro rappresentato indica la mancanza di umanità poichè rappresenta un corteo di soldati nazisti, dalle stesse fisionomie che marcia minacciosa con la loro divisa rossa come la loro bandiera rossa con al centro la svastica.(1933)

 In questo dipinto sono raffigurate varie scene secondo la tecnica che Charlotte prediligeva. Charlotte è nel lettone con la mamma ed ella le narra di un mondo celeste in cui desidererebbe andare, che viene rappresentato dalla figure bianche che salgono verso l'alto. Là c'è il paradiso e da lì lei potrà continuare a proteggerla.

Davanti al mare nella posizione in cui di solito dipingeva Charlotte è come se si tramutasse in un'opera infatti la scritta sulla schiena indica la suo opera "Vita o Teatro" senza il punto interrogativo come se l'opera fosse il suo corpo.

Gruppo 5 - Antonella Guzzo, Chiara Bendinelli, Rachele Loayza

TESTIMONIANZE:


Anonimo, deportato politico Sachsenburg.

. . . I successivi due internati ad essere picchiati erano Bibelforscher i quali oggi sono chiamati Testimoni di Geova. Il loro "delitto" consisteva nel rifiuto di usare, per motivi religiosi, il saluto "Heil Hitler". La loro convinzione è che esiste un solo Dio, Geova, e che solo a lui, e a nessun altro potente, nemmeno a Hitler, spetta il nostro saluto.
Il primo Bibelforscher sopravvisse alla procedura in modo dignitoso, ma il secondo gridava terribilmente. Con una voce che faceva tremare tutti i detenuti gridava: "Geova aiutami! Geova abbi misericordia di me! Liberami da questi dolori, non posso sopportarli, salvami Geova, aiutami!". Le sue urla divennero alla fine un flebile sospiro e un rantolo inarticolato.
. . . La preghiera a Geova fatta dal Bibelforscher nella sua angoscia mortale divenne motivo di scherno sarcastico per le SS. Nei giorni seguenti le guardie si salutavano con "Heil Jehova" al posto di "Heil Hitler". A partire dall’8 maggio le cerimonie delle bastonate divennero all’ordine del giorno a Sachsenburg; ogni settimana ne avvenivano 2 o 3. E dal novembre del 1935 il detenuto non dovette più contare le bastonate bensì cantare l’inno tedesco.
. . . Una tale cerimonia di bastonate ebbe luogo il 12 settembre 1935 e fra i cinque internati vi era anche un bibelforscher trattato in maniera particolarmente crudele dal comandante del campo in persona, Schmidt. Dopo aver ricevuto 18 colpi, il bibelforscher gemeva dal dolore e il comandante gridava: "Maiale maledetto, chiedi al tuo Geova di aiutarti! Perchè non ti aiuta? Chiedigli di distruggerci affinché sia tu a maltrattarci!" Il bibelforscher svenne per i colpi, ma ricevette lo stesso altri 7 colpi. Dopo di che cadde dall’ecùleo senza vita. Schmidt, ancora rosso dalla rabbia, urlava: "Il maiale fa solo finta! Marsc. Alzati! Mi vuoi prendere in giro?" E poi cominciò a calpestare il cadavere. "Via!", comandava, "versategli dell’acqua in testa in modo che possa prendere altri 25 colpi". Le SS presero dei secchi d’acqua e li versarono sul morto. Il medico del lager, il dott. Gebhardt, comandò: "Portatelo via, marsc, nel bunker! Questo mascalzone finge soltanto". Due capi delle SS lo alzarono e lo trascinarono come un animale attraverso la piazza. . . .

 

Raya Kagan, deportata politica ebrea ad Auschwitz.

. . . Un ufficiale delle SS di nome Muller era comandante del lager femminile di Auschwitz quando, nel 1942, lavoravo nell’ufficio. Non sono a conoscenza dei suoi dati personali. Nel luglio ‘42 ho assistito a un appello durante il quale Muller fece condurre le Bibelforscher. Si trattava quasi esclusivamente di donne anziane. Muller urlava e le picchiava indiscriminatamente (erano circa 10 donne) finché crollarono. Una volta a terra le prese a calci. Devo dire che queste donne erano esclusivamente Bibelforscherinnen tedesche. Non so dire se siano morte a seguito di questi maltrattamenti. Ma so che furono ridotte in condizioni talmente disperate che non credo siano vissute a lungo. . . .
 Anonimo, ebreo deportato a Buchenwald.
. . . Gli Studenti Biblici - appartenenti alla setta così conosciuta - rifiutavano il saluto a Hitler per motivi religiosi e sarebbero potuti ritornare subito in libertà se avessero firmato che ‘non credevano più in Geova’, cosa che rifiutarono categoricamente. I Bibelforscher del campo di concentramento si prendevano spesso cura degli ebrei ai quali davano la propria razione di pane. . .


Ilse Rolfe, deportata politica a Moringen.
. . . Nel frattempo erano arrivate molte altre prigioniere, fra le quali circa 500 Bibelforscher. Al 95% si trattava di donne semplici, mogli di pescatori e contadini, che non avevano letto altro che la Bibbia. Erano persone molto semplici; avrebbero potuto tornare a casa se avessero firmato un modulo nel quale si sosteneva che la loro dottrina era falsa e che la salvezza veniva da Hitler. Ma esse rifiutarono. Parlavano coraggiosamente col comandante del campo definendo Hitler l’Anticristo e l’alleato del Diavolo. Vennero tolte loro le Bibbie, ma la conoscevano a memoria e la citavano aiutandosi l’un l’altra se non ricordavano tutto il versetto. Dovevano lavorare molto duramente nei campi, ma non vennero né tormentate né picchiate. . . .

 Genevieve De Gaulle, deportata politica a Ravensbrück.

Al campo di Ravensbrück.Erano di diverse nazionalità: tedesche, polacche, russe o ceche e hanno sopportato terribili sofferenze per le loro convinzioni.Gli arresti avvenivano da dieci anni e gran parte di coloro che erano state mandate al campo a quel tempo erano morte per i cattivi trattamenti che avevano subito o erano state giustiziate.Ho conosciuto comunque alcune sopravvissute di quest’epoca e altre prigioniere arrivate più recentemente. Mostrarono tutte grandissimo coraggio e con il loro comportamento si guadagnarono infine anche il rispetto delle SS. Avrebbero potuto essere liberate immediatamente se avessero rinnegato la loro fede. Ma, al contrario, continuarono a resistere, riuscendo perfino a introdurre nel campo libri e volantini che hanno significato l’impiccagione per diverse di loro.

Nel mio blocco ho conosciuto abbastanza bene tre studentesse della Bibbia di nazionalità ceca. In segno di protesta, è loro capitato più volte, con altre correligionarie di rifiutare di andare agli appelli. Io stessa ho assistito a delle scene tanto penose in cui le ho viste picchiate e morse dai cani senza che esse rinunciassero alle loro decisioni.Inoltre, restando fedeli alle loro credenze, la maggioranza di loro ha sempre rifiutato di prendere parte a dei lavori con scopi militari cosa che ha loro significato cattivi trattamenti e perfino la morte.

Lettera inviata all'Ufficio della Watch Tower.



Anna Pawelczynska, sociologa polacca sopravvissuta ad Auschwitz,

"Raffrontato all'immensa comunità di Auschwitz, i testimoni di Geova formavano solo un piccolo gruppetto poco appariscente . . . Ciò nondimeno, il colore [viola] del loro distintivo triangolare spiccava così nettamente nel campo che il piccolo numero non rispecchia la forza effettiva di quel gruppo. 
Questo gruppo di detenuti costituiva una salda forza ideologica ed essi vinsero la loro battaglia contro il nazismo. Il gruppo tedesco della setta era stato una minuscola isola d'instancabile resistenza in seno a una nazione terrorizzata, e continuarono ad avere quello stesso spirito impavido nel campo di Auschwitz. Essi riuscirono a guadagnarsi il rispetto dei compagni di prigionia . . . dei kapò, e persino degli ufficiali delle SS. Tutti sapevano che nessun 'Bibelforscher' [testimone di Geova] avrebbe ubbidito a un ordine contrario alla sua fede e alle sue convinzioni religiose o compiuto alcuna azione contro qualche altra persona, anche se quella persona fosse stata un assassino o un ufficiale delle SS. D'altra parte egli avrebbe svolto qualsiasi altro compito, anche il più umiliante, secondo il meglio delle sue capacità, se per lui era moralmente neutrale. I detenuti politici lottavano attivamente nel campo, organizzando la resistenza e combattendo per la sopravvivenza dei compagni di prigionia. I testimoni di Geova impegnavano una resistenza passiva per la loro fede, che si opponeva a ogni guerra e violenza".

Tibor Wohl - Deportato ebreo ad Auschwitz
Tibor Wohl narra una conversazione fra due prigionieri che gli era capitato di udire. Uno, un austriaco, si definiva “non credente”. Tuttavia lodava i prigionieri che portavano il triangolo viola, gli Studenti Biblici, come venivano chiamati nel campo i testimoni di Geova.
“Non vanno in guerra”, diceva l’austriaco al suo compagno. “Preferiscono farsi uccidere piuttosto che uccidere qualcuno. Secondo me è così che dovrebbero comportarsi i veri cristiani. Voglio raccontarti una bella esperienza che ho avuto con loro. Eravamo insieme con ebrei e Studenti Biblici in un blocco del campo di Stutthof. A quel tempo gli Studenti Biblici erano costretti a fare lavori pesanti all’aperto col freddo gelido. Nessuno riusciva a capire come potessero resistere. Essi dicevano che Geova dava loro la forza. Patendo la fame, avevano disperato bisogno del loro pane. Ma cosa facevano? Raccoglievano tutto il pane che avevano, ne prendevano metà e l’altra metà la davano ai loro fratelli, i loro fratelli in fede, che arrivavano stremati da altri campi. Davano loro il benvenuto e li baciavano. Prima di mangiare pregavano, dopo di che avevano il viso raggiante di felicità. Dicevano che ora nessuno più era affamato. Così pensai fra me: ‘Questi sono veri cristiani ’. Era così che me li ero sempre immaginati. Come sarebbe stato bello dare un simile benvenuto ai nostri compagni affamati qui ad Auschwitz!”

Rudolf Höss  Ex comandante del campo di Aushwitz
Nella sua autobiografia, "Comandante ad Auschwitz", Rudolf Höss parla dell'esecuzione di alcuni Testimoni che si erano rifiutati di violare la neutralità cristiana e dice: "Così immaginai dovessero essere i primi martiri cristiani, condotti nell'arena per essere dilaniati dalle belve. Andarono dunque alla morte coi visi illuminati, gli occhi rivolti al cielo e le mani congiunte nella preghiera e levate in su. Tutti coloro che assistettero alla loro morte ne furono turbati, perfino il plotone d'esecuzione". -


giovedì 9 febbraio 2012

Gruppo 4-Ricerca Anna Frank seconda parte


Chi tradì i clandestini?



Denunce anonime
Durante la guerra furono inviate innumerevoli lettere anonime di denuncia alla polizia (tedesca).

“Attualmente non mi interessa più sapere chi allora ad Amsterdam ci ha traditi.”

Otto Frank

Qualcuno ha telefonato alla polizia tedesca, informandola che in Prinsengracht 263 erano nascosti degli ebrei. Non si è mai saputo chi sia stato. Questa domanda continua ad assillare ancor oggi molte persone. Vi erano dei sospetti e nel 1948 ci fu una prima indagine. Quattordici anni più tardi si provò nuovamente a ricostruire la dinamica dei fatti. Entrambe le indagini non portarono ad alcun risultato e il traditore non fu identificato. Nel 1998 Melissa Müller, nella sua biografia di Anna Frank, scrive che Lena Hartog-van Bladeren potrebbe aver tradito i clandestini. Due anni dopo Carol Ann Lee nella sua biografia di Otto Frank avanza una nuova ipotesi: secondo lei il colpevole è Tonny Ahlers, un conoscente di Otto Frank.

Magazzino
Gli operai del magazzino non sapevano nulla della presenza dei clandestini perché non erano considerati affidabili.

Sospetti

“Chi ha tradito Anna Frank e gli altri clandestini? Chi fu la persona che telefonò quella mattina alla Sicherheitsdienst, la polizia tedesca?” In molti hanno continuato a porsi questa domanda fino al giorno d’oggi, ma nessuno ha saputo rispondere con certezza. Non si è mai riusciti ad andare oltre i sospetti e le congetture. Infatti parecchie persone erano a conoscenza del fatto che in Prinsengracht erano nascosti degli ebrei. I fornitori, ad esempio, perché per il mantenimento quotidiano dei clandestini erano necessarie grandi quantità di verdura, pane, carne ecc. Inoltre alcuni vicini devono aver sospettato qualcosa. È pressoché impossibile che otto persone vivano in un’abitazione per due anni senza che nessuno si accorga della loro presenza.

Gli operai del magazzino

Tuttavia la cosa più ovvia è che il traditore si trovasse tra il personale della Opekta. I quattro benefattori, il personale dell’ufficio, erano naturalmente al corrente di tutto, ma gli operai del magazzino che lavoravano al pianterreno non erano stati informati. Per i clandestini erano una costante fonte di preoccupazione: “Avranno notato qualcosa?”, “Ci si potrà fidare di loro?”.

Un ficcanaso

Anna scrive il 4 marzo 1943: “Abbiamo sempre paura dei magazzinieri.” Ed in particolare temono uno di loro, Willem van Maaren, che si dimostra curioso. Egli sospetta che la sera qualcuno entri nel magazzino. Anna: “Dispone libri e foglietti nel magazzino sugli angoli più esterni, così che cadono al solo passarci accanto. Con Kleiman, Kugler e i due signori hanno esaminato a fondo la questione del suo licenziamento, ma quelli di sotto trovano che il rischio sia troppo grande. Ma non è ancora più pericoloso così?” Tutti considerano Van Maaren poco affidabile. Per di più sospettano che compia regolarmente dei furtarelli dalle scorte della ditta.

La prima indagine

Nel dopoguerra Kleiman e gli altri benefattori continuarono a chiedersi chi avesse tradito gli inquilini segreti. Immediatamente dopo la guerra Kleiman invia una lettera al Servizio investigativo politico (POD), che aveva il compito di rintracciare i collaborazionisti. In questa lettera Kleiman dà voce ai suoi sospetti contro Van Maaren e chiede al POD di interrogarlo. Tuttavia per ben due anni non avviene nulla. Soltanto nel 1948 viene avviata un’inchiesta, probabilmente dopo un colloquio tra Otto Frank e la sezione investigativa politica della polizia di Amsterdam.

Superficiale

La polizia interroga i benefattori Miep Gies, JohAnnas Kleiman e Victor Kugler, oltre a Willem van Maaren e Lammert Hartog, un altro magazziniere. Hartog racconta che Van Maaren 14 giorni prima dell’irruzione gli aveva detto che c’erano degli ebrei nascosti. Probabilmente anche la moglie di Hartog ne era al corrente. A posteriori possiamo affermare che l’inchiesta non è stata condotta con rigore: molte domande non sono state poste, poche sono state le persone interrogate. Tutto è stato fatto in modo abbastanza superficiale. L’indagine venne chiusa per mancanza di prove. Sarebbero passati quattordici anni prima che si aprisse una nuova inchiesta.

Il rintracciamento di Silberbauer

Negli anni Cinquanta il diario di Anna Frank diventa famoso in tutto il mondo e ne vengono tratti uno spettacolo teatrale ed un film. Il fatto che ancora non si sappia chi sia il traditore rimane un punto oscuro. Il motivo per una nuova inchiesta è il rintracciamento di Karl Silberbauer, il sottufficiale delle SS a capo della squadra che aveva compiuto l’arresto. Simon Wiesenthal riesce a trovare l’uomo nel 1963 a Vienna (Austria). Silberbauer lavora là come poliziotto. Egli ricorda ancora molti dettagli dell’arresto ma non sa chi abbia tradito i clandestini. Julius Dettmann, che aveva ricevuto la telefonata, si era suicidato poco dopo la guerra. Durante l’indagine Silberbauer è sospeso dal suo lavoro, ma quando risulta che aveva agito soltanto rispettando gli “ordini” e che si era comportato “correttamente” durante l’arresto può tornare al suo posto. Muore nel 1972.

Di nuovo Willem van Maaren

L’indagine del 1963 fu molto più rigorosa di quella del 1948. S’indirizzò nuovamente su Willem van Maaren. Furono interrogati dei nuovi testimoni. Purtroppo nel frattempo erano morti altri testimoni importanti, tra cui, nel 1959, Kleiman. Anche il magazziniere Hartog e la moglie non erano più in vita. Vennero alla luce nuovi fatti su Van Maaren, tra l’altro venne confermato che aveva commesso i furti di cui era sospettato, ma non si poté trovare alcuna prova del tradimento. Nel 1964 l’inchiesta venne chiusa senza che avesse dato risultati concreti. Willem van Maaren muore nel 1971.

Un altro sospetto: Lena Hartog-van Bladeren

Nel 1998 compare “Anna Frank, la biografia” di Melissa Müller. Nel suo libro l’autrice scrive che l’altro magazziniere, Lammert Hartog, non poteva non essere a conoscenza della presenza di ebrei e che ciò vale anche per sua moglie Lena Hartog-van Bladeren. Quest’ultima era la donna delle pulizie in Prinsengracht 263 ed anche presso Petrus ed Anna Genot. Petrus Genot lavorava per l’impresa del fratello di Kleiman. Quando Lena Hartog fu interrogata nel 1948, non disse alla polizia di aver lavorato in Prinsengracht 263. Secondo una dichiarazione di Anna Genot del 1948, Lena le avrebbe confessato nel luglio 1944 di essere terribilmente preoccupata per la sicurezza del marito perché a Prinsengracht erano nascosti degli ebrei. Anche a Bep Lena avrebbe detto che rischiavano tutti la vita se il fatto fosse stato scoperto. Nel suo libro, Melissa Müller suggerisce che i clandestini probabilmente sono stati traditi da Lena Hartog-van Bladeren, ma non vi è alcuna prova. Resta il fatto che le inchieste del 1948 e del 1963/64 si sono indirizzate troppo su Willem van Maaren e che il ruolo di Lena Hartog-van Bladeren e del marito non è mai stato seriamente investigato.

Un nuovo sospetto: Tonny Ahlers

Otto Frank e Tonny Ahlers s’incontrarono per la prima volta nell’aprile del 1941, quindi prima della clandestinità. Durante un incontro con un conoscente Otto Frank aveva espresso i suoi dubbi su una possibile vittoria dei nazisti. Questo conoscente lo denunciò inviando una lettera alla Gestapo. Tonny Ahlers, che frequentava gli ambienti dell’NSB, il partito nazista olandese, e della polizia tedesca, intercettò la lettera e ricattò Otto Frank facendosi pagare per il suo silenzio. Secondo Carol Ann Lee il ricatto si sarebbe ripetuto ed anche successivamente Tonny Ahlers avrebbe continuato ad estorcere denaro ad Otto Frank. Ahlers affermò dopo la guerra di essere stato al corrente della presenza dei clandestini nell’Alloggio segreto. Tonny Ahlers è quindi la persona che a parere di Carol Ann Lee ha tradito gli inquilini segreti.

Il tradimento:

La libreria girevole

Il 4 agosto 1944 i clandestini vengono scoperti.

Scoperti!


“Erano circa le dieci e mezzo. Ero di sopra dai Van Pels, nella stanza di Peter e lo aiutavo con i compiti. Gli ho mostrato l’errore nel dettato quando improvvisamente qualcuno salì di corsa le scale. I gradini scricchiolavano, io mi alzai di scatto perché era ancora mattina e tutti dovevano essere silenziosi. In quel momento la porta si aprì e ci trovammo di fronte un uomo con la pistola in pugno, puntata contro di noi.”

Otto Frank

Venerdì 4 agosto 1944 sembra un giorno come gli altri. Negli uffici i benefattori sono al lavoro, nell’Alloggio segreto i clandestini sono immersi nelle loro silenziose occupazioni. Improvvisamente davanti alla ditta in Prinsengracht si ferma una vettura da cui scendono un ufficiale delle SS e tre poliziotti olandesi. Essi entrano nell’edificio, si dirigono immediatamente verso l’ufficio. Victor Kugler deve condurli al nascondiglio. I clandestini sono stati traditi...

La prigione

Dopo l’arresto i prigionieri sono portati nella prigione controllata dai tedeschi in Euterpestraat ad Amsterdam.

L’arresto


“Dopo un po’ Bep ed io siamo salite nelle stanze dei Frank e abbiamo visto che sul pavimento erano sparsi i diari e i fogli sciolti di Anna. Raccogliamoli, ho detto, perché Bep stava a guardare come di sasso. Raccogliamo tutto, portiamoli via. Abbiamo portato via tutto, facendo del nostro meglio perché avevamo paura! Siamo tornate di sotto, Bep ed io, e ci guardavamo. Che facciamo Bep? Allora mi ha risposto: ‘Tu sei la più vecchia, tienili tu’.”

Miep Gies

Gli ex clandestini e i due uomini che li hanno aiutati vengono arrestati e portati in una prigione tedesca. I due benefattori saranno trasferiti in un secondo momento in un altro carcere. Miep Gies e Bep Voskuijl rimangono in Prinsengracht e mettono in salvo le carte che compongono il diario di Anna.

Il campo di Westerbork

Westerbork è un campo di smistamento: da qui ebrei, zingari e membri della resistenza vengono deportati dall’Olanda nei campi di concentramento e di sterminio.

A Westerbork


“Nel campo eravamo tutti obbligati a lavorare, ma la sera eravamo liberi e potevamo stare insieme. Soprattutto per i ragazzi non essere più rinchiusi e poter parlare con altre persone era un sollievo. Noi adulti però temevamo di venire deportati nei campi di concentramento in Polonia, che erano tristemente famosi.”

Otto Frank

L’8 agosto 1944 gli otto ex inquilini dell’Alloggio segreto vengono trasferiti a Westerbork con un treno passeggeri. Sono assegnati alle baracche punitive perché non si sono presentati volontariamente. Di giorno devono smontare pile elettriche, un lavoro sporco e malsano. I detenuti però possono parlare tra loro lavorando.

Le deportazioni


Dal campo partono con frequenza regolare treni carichi di detenuti verso una destinazione sconosciuta all’est. Il 2 settembre 1944 viene letta una lunga lista di nomi di prigionieri che saranno deportati il giorno seguente. Tra loro ci sono anche gli otto ex clandestini.

Non dimenticherò mai


“Non dimenticherò mai il momento in cui il diciassettenne Peter van Pels ed io vedemmo un gruppo di uomini selezionati. Tra loro c’era il padre di Peter. Venivano fatti marciare; due ore dopo passò un furgone con i loro vestiti.”

Otto Frank

La mattina del 3 settembre 1944 un lungo treno merci lascia Westerbork. In ogni carro sono stipati più di 70 detenuti. Tra i 1019 prigionieri ebrei ci sono anche gli otto ex inquilini dell’Alloggio segreto. Dopo un terribile viaggio in treno durato tre giorni giungono ad Auschwitz-Birkenau.

Due gruppi


Sul marciapiede di Auschwitz-Birkenau gli uomini sono separati dalla donne. Medici nazisti dividono i prigionieri in due gruppi, quelli che sono abili al lavoro e quelli che verranno immediatamente uccisi nelle camere a gas. Gli otto ex clandestini non sono mandati nelle camere a gas, ma ai lavori forzati. In breve tempo Hermann van Pels non è più in grado di lavorare e viene assassinato nelle camere a gas.

Il campo di Bergen-Belsen

Prigioniere di Bergen-Belsen poco dopo la liberazione del campo ad opera delle truppe britanniche.

Tifo


“La prima ad andarsene fu Margot che cadde dal letto sul pavimento di pietra e non riuscì più a rialzarsi. Anna morì il giorno seguente.”

Janny Brilleslijper fu testimone oculare della morte di Margot ed Anna Frank a Bergen-Belsen.

Alla fine dell’ottobre 1944 Anna e Margot Frank vengono deportate da Auschwitz-Birkenau a Bergen-Belsen. La loro madre rimane ad Auschwitz-Birkenau. Edith Frank si ammala e muore di stenti nel gennaio 1945. Auguste van Pels arriva a Bergen-Belsen nel novembre 1944 con un altro convoglio di prigioniere. Qui rivede Anna e Margot. Auguste van Pels rimane poco tempo a Bergen-Belsen e probabilmente muore durante un trasferimento di detenute a Theresienstadt. Nel marzo 1945 Anna e Margot Frank muoiono di tifo, qualche settimana prima che il campo sia liberato dall’esercito britannico.

Auschwitz sotto la neve

Il 27 gennaio 1945 soldati russi liberano il campo di Auschwitz-Birkenau. Vi trovano appena 7650 superstiti.

Dobbiamo sperare...


“Carissima mamma, spero che queste righe raggiungano te e tutti i nostri cari dandovi la notizia che sono stato salvato dai russi, che sono sano e pieno di coraggio e ben curato sotto ogni aspetto. Non so dove siano Edith e le bambine, siamo separati dal 5 settembre 1944. Ho sentito soltanto che sono state deportate in Germania. Dobbiamo sperare di rivederle sane e salve.”

La prima lettera di Otto Frank alla madre, 23 febbraio 1945.

Otto Frank è liberato da Auschwitz il 27 gennaio 1945. Poco prima della liberazione i nazisti evacuano il campo, portando con loro i prigionieri in grado di camminare. Tra questi c’è Peter van Pels. Alla fine di gennaio egli arriva nel campo di Mauthausen (Austria). Qui gli internati devono svolgere lavori durissimi. Peter van Pels muore di stenti il 5 maggio 1945.




Prinsengracht 263
Nel 1956 l’edificio in Prinsengracht 263 è vuoto da qualche tempo.

“Come onorare meglio la memoria di Anna Frank se non salvando questa casa, a cui gli anni più bui dell’occupazione di Amsterdam sono indissolubilmente legati, sia dal punto di vista letterario che da quello storico.”

Da una lettera dell’associazione storica di Amsterdam, Amstelodamum, all’amministrazione cittadina, 1956.

Nel 1954 l’Alloggio segreto versa in pessimo stato. L’edificio in Prinsengracht 263 non è più di proprietà di Otto Frank, ma della ditta Berghaus. Vi sono piani concreti per la demolizione del fabbricato. Dopo le proteste dei cittadini di Amsterdam, nel gennaio 1957 l’amministrazione comunale offre alla ditta Berghaus una nuova sede. Il pericolo di demolizione è scongiurato.

Inaugurazione della Casa di Anna Frank
Il 3 maggio 1960 la Casa di Anna Frank viene inaugurata ufficialmente. A sinistra Otto Frank, a destra il sindaco di Amsterdam Van Hall.

La Casa di Anna Frank

Il 3 maggio 1957 nasce per opera di alcuni cittadini una (la) fondazione, oggi nota come la Casa di Anna Frank, che si pone alcuni importanti obiettivi come la conservazione dell’Alloggio segreto e la divulgazione degli ideali lasciati in eredità al mondo da Anna Frank. Otto Frank è presente al momento della costituzione della fondazione. Nell’ottobre 1957 la ditta Berghaus cede l’edificio per una somma simbolica alla Casa di Anna Frank. Tre anni dopo, il 3 maggio 1960, il nascondiglio è ufficialmente aperto al pubblico.

Centro internazionale d’incontri

Nella casa sul canale, dove lavoravano i benefattori, c’è spazio per organizzare conferenze, corsi e convegni. Otto Frank desidera che la Casa di Anna Frank non sia solo un museo, ma che organizzi incontri tra giovani provenienti da tutto il mondo ed afferma: “Non sarebbe consono allo spirito di Anna se il nascondiglio fosse soltanto un luogo di commemorazione dove, carichi di sentimenti luttuosi, si guarda invano al passato.”

 Da prendere in esame ed eliminare parti.

Gruppo 4-Ricerca Anna Frank prima parte


La famiglia di Anna Frank:
I genitori di Anna in luna di miele in Italia.

“Mio padre, il papà più caro del mondo, si è sposato quando aveva già trentasei anni con mia madre che ne aveva venticinque. Mia sorella Margot nacque nel 1926 a Francoforte sul Meno in Germania ed il 12 giugno 1929 sono nata io.”
Anna Frank
Otto Frank ed Edith Holländer si sposano il 12 maggio 1925 ad Aquisgrana. Dopo un viaggio di nozze in Italia, si stabiliscono a Francoforte sul Meno. Nove mesi dopo, il 16 febbraio 1926, nasce la primogenita Margot Betti e, poco più di tre anni dopo, nasce Anna(lies) Marie. La famiglia di Otto Frank abita da anni a Francoforte sul Meno, la famiglia di Edith proviene da Aquisgrana, una città vicina al confine olandese.
Otto Frank
Otto Frank ad undici anni con il suo violoncello.
Otto Frank
Otto Frank nasce il 12 maggio 1889 a Francoforte sul Meno. Ha un fratello maggiore, Robert (1886), un fratello minore, Herbert (1891) ed una sorella, Helene (1893). Il padre Michael Frank è proprietario di una banca specializzata in servizi cambiavalute. La famiglia è ebrea liberale. Otto non frequenta una scuola ebraica ma il ginnasio pubblico Lessing.
Studio e tirocinio
Dopo la maturità nel 1908, Otto è iscritto alla facoltà di economia dell’università di Heidelberg per qualche mese, ma interrompe ben presto gli studi. Lavora un anno in una banca e grazie ad un compagno di scuola ha l’opportunità di fare un tirocinio presso i grandi magazzini Macy’s di New York. Otto parte all’inizio del settembre 1909, ma purtroppo deve ritornare quasi subito perché il 17 settembre 1909 muore suo padre.
Otto soldato
Otto Frank come soldato tedesco durante la Prima Guerra Mondiale.
Infissi per finestre e ferri da cavallo
Dopo poco Otto Frank riparte, questa volta per un soggiorno di due anni negli Stati Uniti. Per un anno lavora presso i grandi magazzini Macy’s, quindi presso una banca. Nell’autunno del 1911 torna in Germania dove trova lavoro in un’azienda di Düsseldorf che fabbrica infissi per finestre e in seguito presso una ditta che produce ferri da cavallo per l’esercito tedesco.
La guerra
Nel 1914 inizia la Prima Guerra Mondiale ed un anno più tardi Otto Frank e i fratelli vengono chiamati nell’esercito tedesco. La madre e la sorella lavorano come volontarie in un ospedale militare a Francoforte. Otto viene mandato a combattere sul fronte occidentale, dove durante le ostilità ottiene la promozione al grado di tenente. Il primo conflitto mondiale si conclude neI 1918, dopo avere mietuto milioni di vittime. Otto Frank e i suoi fratelli sopravvivono, come pure la madre e la sorella.
Innamorato, fidanzato, sposato
Dopo la Prima Guerra Mondiale Otto Frank, seppure di controvoglia, è designato dalla madre e dal fratello Herbert alla direzione della banca. Herbert non ha talento per la professione di banchiere e il fratello maggiore Robert non è veramente interessato. Nel 1924 Otto Frank incontra Edith Holländer. Il 5 aprile 1925 la coppia si fidanza ed un mese dopo si sposa. Su richiesta degli Holländer la cerimonia viene celebrata nella sinagoga di Aquisgrana.
Edith da giovane
Edith Frank negli anni Venti.
Edith Holländer
Edith Holländer nasce il 6 gennaio 1900 ad Aquisgrana. Ha due fratelli maggiori, Julius (1894) e Walter (1897) e una sorella maggiore, Bettina (1898). Gli Holländer rispettano le festività religiose e mangiano secondo le direttive kosher. Alcuni loro parenti sono membri preminenti della comunità ebraica di Aquisgrana. Il padre di Edith è proprietario di una ditta che commercia in ferrovecchio e di varie imprese metallurgiche.
Betti
Edith Holländer frequenta la scuola privata protestante Victoria. Nel 1914 gli Holländer sono duramente colpiti dal destino: poco dopo lo scoppio della Prima Guerra Mondiale Betti muore di appendicite. Dodici anni dopo Edith avrebbe chiamato la figlia Margot Betti, in ricordo della sorella. Nel 1916 Edith consegue il diploma di maturità.
A casa ad Amsterdam:
Sulla Merwedeplein
Margot (la seconda da destra) ed Anna (la terza) con le amichette. A sinistra le migliori amiche di Anna, Hannali (la seconda da sinistra) e Anna.
“In Olanda, dopo le esperienze vissute nella Germania nazista, tornammo ad essere padroni di noi stessi: le nostre figlie andavano a scuola e conducevamo di nuovo un’esistenza normale. Potemmo iniziare una nuova vita e sentirci liberi.”
Otto Frank
Margot ed Anna giocano spesso sulla piazza e stringono rapidamente nuove amicizie, con bambini olandesi e tedeschi. Nel vicinato abitano molti bambini ebrei provenienti dalla Germania. “Margot è brava a scuola e frequenta la terza. Parla già bene l’olandese.” Scrive Edith Frank a Gertrud Naumann. Anna frequenta con piacere l’asilo Montessori e successivamente l’Annassa scuola elementare.
Hannali Goslar
Hannali Goslar è la migliore amica di Anna all’asilo, racconta: “Mia madre mi portò all’asilo. Conoscevo solo Anna e non sapevo una parola d’olandese. Ho un ricordo ancora molto vivo di quel momento: entrammo e dall’altro lato del locale vidi Anna. Mi dava la schiena e stava giocando con questi campanellini. Poi si girò, mi vide e ci corremmo incontro, abbracciandoci. Non mi accorsi nemmeno che mia madre se n’era andata. ... Da quel momento fummo inseparabili, fino alla fine... È stata un’infanzia felice, almeno fino all’occupazione tedesca dell’Olanda nel 1940.”
Nostalgia
Edith Frank, durante i primi anni in Olanda, non si sentiva veramente a casa. Miep Gies ricorda: “Alla signora Frank mancava molto la Germania, più che al signor Frank. Essa parlava con nostalgia della loro vita a Francoforte.” Otto Frank è impegnatissimo ad avviare la sua azienda e trascorre poco tempo con la famiglia.
I Van Pels
L’impresa di Otto non va a gonfie vele perché l’Opekta è un prodotto stagionale. La soluzione a questo problema si presenta nella persona di Hermann van Pels. Hermann van Pels ha lasciato Osnabrück (Germania) nel 1937 insieme alla moglie Auguste e al figlio Peter. Come i Frank anche i Van Pels sono ebrei.
Opekta e Pectacon
Hermann van Pels diventa socio di Otto Frank. Egli ha molta esperienza nella preparazione di erbe aromatiche utilizzate nella lavorazione delle carni. Insieme ad Otto Frank decide di occuparsi della vendita di queste spezie. Prima di tutto insegna il mestiere a Victor Kugler e nel giugno 1938 la nuova azienda, denominata Pectacon, viene iscritta nel registro delle imprese. Nello stesso anno Otto Frank assume JohAnnas Kleiman che sarà responsabile della contabilità di entrambe le ditte.
Cittadini di rango inferiore
Tramite gli amici ed i conoscenti i Frank vengono a sapere ciò che sta avvenendo nella Germania nazista, dove cresce la discriminazione degli ebrei. Gli ebrei tedeschi diventano cittadini di secondo rango nel loro stesso paese. Insegnanti e funzionari ebrei sono licenziati, ebrei e non ebrei non possono più frequentarsi e agli ebrei non è più consentito essere proprietari di un'impresa.
La notte dei cristalli
Nella notte tra il 9 e il 10 novembre 1938 i nazisti organizzano violenti attacchi contro gli ebrei residenti in Germania. Centinaia di sinagoghe e di negozi ebrei vengono distrutti, migliaia di uomini ebrei sono arrestati ed imprigionati nei campi di concentramento e nelle carceri. I nazisti arrestano anche Julius e Walter Holländer, i due fratelli di Edith. Julius ha combattuto per la Germania nella Prima Guerra Mondiale e per questo viene rilasciato quasi subito. Walter è rimesso in libertà soltanto il 1° dicembre, dopo aver promesso che avrebbe lasciato immediatamente la Germania.
La madre di Edith
Il passaporto della signora Holländer.
Fuga da Aquisgrana
Walter si reca in Olanda e finisce in un campo d’accoglienza per profughi ebrei. Julius rimane ancora ad Aquisgrana fino a che, con l’aiuto di un parente negli Stati Uniti, non ottiene un visto d’ingresso per quel paese. Parte nell’aprile 1939 e Walter lo raggiunge in dicembre. Anche la madre di Edith vuole lasciare la Germania e nel marzo 1939 riesce a partire per l’Olanda, dove va a vivere con la figlia e il genero ad Amsterdam. È però costretta ad abbandonare tutto ciò che possiede in Germania.
Rotterdam dopo il bombardamento
La guerra
Nel 1939 la minaccia della guerra incombe. La Germania nazionalsocialista ha allestito un grande esercito. Il 1º settembre 1939 le forze tedesche invadono la Polonia. Ha così inizio la Seconda Guerra Mondiale. Gli olandesi e i profughi provenienti dalla Germania sperano che i Paesi Bassi rimangano neutrali, come era avvenuto nella Prima Guerra Mondiale.
L’occupazione
Il 10 maggio 1940 avviene ciò che tutti avevano temuto: le truppe tedesche invadono l’Olanda. Dopo quattro giorni aerei tedeschi bombardano il centro di Rotterdam. Quando lo stato maggiore tedesco minaccia di bombardare anche altre città, l’esercito olandese si arrende. Dal 15 maggio 1940 l’Olanda è occupata.
Non poter uscire mai…
La soffitta dell’Alloggio segreto
È una stanza buia ed umida, dove ci sono ratti.
Non uscire mai
“Non poter mai uscire mi opprime più di quanto possa dire. E ho sempre paura che ci scoprano e ci fucilino.”
Anna Frank
I clandestini non possono uscire, è troppo rischioso. Di giorno le tende dell’Alloggio segreto devono rimanere chiuse, altrimenti i vicini potrebbero vederli. L’unica possibilità di prendere una boccata d’aria fresca è la finestrella della soffitta. A volte, di notte le finestre vengono socchiuse.
Routine quotidiana
Otto ed Edith Frank hanno previsto che la clandestinità possa durare a lungo ed hanno portato i testi scolastici delle figlie. Il 21 settembre 1942 Anna scrive che ha iniziato a studiare. Otto Frank annota nelle sue memorie a questo riguardo: “Soltanto stabilendo fin dall’inizio una certa routine ed assegnando a ciascuno di noi dei compiti potevamo sperare di adattarci alla nostra situazione. Soprattutto i ragazzi dovevano disporre di un numero sufficiente di libri da leggere e studiare. Nessuno di noi voleva pensare a quanto sarebbe durata quella reclusione volontaria.”
La stanzetta di Anna
La stanzetta di Anna Frank e Fritz Pfeffer aveva probabilmente questo aspetto.
Una giornata nell’Alloggio segreto
I clandestini hanno una routine ferrea. Generalmente Hermann van Pels si alza verso le 6.45, seguito dagli altri. Tra le 8.30 e le 9.00 essi devono essere molto silenziosi perché gli operai del magazzino iniziano a lavorare. Gli impiegati - i benefattori - non sono ancora arrivati, cominciano infatti verso le 9.00. In quel momento gli inquilini segreti fanno colazione nella stanza di Hermann ed Auguste van Pels. Miep Gies si reca brevemente nel nascondiglio, per sentire come vanno le cose, e prende la lista della spesa. Anche durante il resto della giornata i benefattori vanno nel nascondiglio, ad esempio per discutere questioni d’affari o per recapitare qualcosa.
Il pranzo
Alle 12.30 gli addetti al magazzino tornano a casa e i clandestini possono tirare un sospiro di sollievo, almeno per un po’. Il pranzo viene preparato e alle 13.00 gli inquilini segreti ascoltano il notiziario della BBC da Londra. Alle 13.15 il pranzo è pronto. Bep Voskuijl mangia spesso con loro, anche Jan Gies e Victor Kugler o JohAnnas Kleiman. Alcune volte Miep Gies sale nel nascondiglio. Alle 13.45 tutti tornano al lavoro, vengono lavati i piatti ed è il momento del riposino pomeridiano. Anna non dorme ma usa questo lasso di tempo per scrivere sul suo diario.
La “libertà serale”
Alle 17.30 Bep dona ai clandestini la “libertà serale”, come Anna la definisce nel diario. Tutti gli altri membri del personale della Opekta in quel momento sono tornati a casa. Bep chiede di quali provviste abbiano bisogno e alle 17.45 va a casa. I clandestini si sparpagliano nei vari uffici, finché Auguste van Pels ed Edith Frank non hanno preparato la cena.
Insonnia
Insieme mangiano, l’ora dipende dal notiziario radiofonico. Verso le 21.00 preparano i letti, un’operazione che richiede notevoli spostamenti e riassestamenti. Dalle 22.00 nel nascondiglio regna la pace, tuttavia i clandestini spesso hanno difficoltà a prendere sonno, soprattutto quando sentono gli spari della contraerea.
La lettura e lo studio
Di giorno i clandestini passano il tempo mangiando, dormendo, studiando e leggendo. Il 16 maggio 1944 Anna compila una lunga lista nel diario sulle attività di lettura e di studio dei suoi coinquilini:
Signor Van Pels: non studia mai; va spesso a cercare sull’enciclopedia; ama i romanzi gialli, i libri di medicina, i romanzi rosa pieni di suspense e privi di sostanza.
Signora Van Pels: studia l’inglese seguendo corsi per corrispondenza; legge volentieri biografie romanzate e alcuni romanzi.
Signor Frank: impara l’inglese (Dickens!), poi un po’ di latino; non legge mai romanzi ma volentieri descrizioni serie e asciutte di persone e paesi.
Signora Frank: studia l’inglese seguendo corsi per corrispondenza; legge tutto, a parte le storie di detective.
Signor Pfeffer: studia inglese, spagnolo ed olandese senza risultati apparenti; legge tutto; nei giudizi segue la maggioranza.
Peter van Pels: studia inglese, francese (scritto), stenografia olandese, stenografia inglese, stenografia tedesca, corrispondenza commerciale inglese, carpenteria, economia e talvolta matematica; legge poco, a volte cose di geografia.
Margot Frank: studia inglese, francese, latino per corrispondenza, stenografia inglese, stenografia tedesca, stenografia olandese, meccanica, trigonometria, fisica, scienze naturali, chimica, algebra, geometria, letteratura inglese, letteratura francese, letteratura tedesca, letteratura olandese, contabilità, geografia, storia moderna, biologia, economia, legge tutto, principalmente testi di religione e di medicina.
Anna Frank: studia francese, inglese, tedesco, stenografia olandese, geometria, algebra, storia, geografia, storia dell’arte, mitologia, biologia, storia biblica, letteratura olandese: ama leggere biografie, libri storici seri o pieni di suspense (talvolta romanzi e letteratura d’evasione).
La libreria girevole
Soltanto la sera e nel fine settimana i clandestini vedono questo lato della libreria.
Desideri
I clandestini parlano a volte di quello che desiderano fare quando saranno di nuovo liberi. Il 23 luglio 1943 Anna riporta questi desideri: “Margot e il signor Van Pels desiderano più di ogni altra cosa fare un bel bagno caldo per più di mezz’ora. La signora Van Pels invece vuole mangiare dei dolci, Pfeffer pensa solo alla sua Charlotte, la mamma desidera la sua tazza di caffè. Il papà vuole andare a trovare il signor Voskuijl, Peter recarsi in città e al cinema ed io per la felicità non saprei proprio da dove cominciare. Più di tutto vorrei avere una casa mia, potermi muovere in libertà, finalmente avere un aiuto nei lavori di casa e quindi tornare a scuola!”
Il giorno dell’arresto:
Magazzino
Il 4 agosto 1944 Silberbauer e i suoi uomini entrarono da questa porta.
“Non riesco ancora a parlare di molte cose mentre di tante altre non voglio più parlare. Ad esempio di come mi sono sentito quando ci hanno cacciato fuori dal nostro nascondiglio.”
Otto Frank, 1979
Il 4 agosto 1944 è una bella, calda giornata estiva. Al quartiere generale della “Sicherheitsdienst” (la polizia tedesca) di Amsterdam quel mattino arriva una soffiata sul nascondiglio dei clandestini. Julius Dettman, l’ufficiale della SD che ha ricevuto la telefonata, ordina al sottufficiale delle SS Karl Silberbauer di recarsi in Prinsengracht. Quattro nazisti olandesi vanno con lui per affiancarlo. Silberbauer e alcuni dei suoi uomini entrano nel magazzino dell’azienda al pianterreno e chiedono informazioni al magazziniere Willem van Maaren che, in silenzio, indica con un dito il piano superiore.
La libreria girevole
“State seduti”
Gli impiegati sono al lavoro al primo piano quando, all’improvviso, qualcuno apre la porta. Miep Gies racconterà successivamente: “Entrò un ometto basso con la pistola in pugno puntata contro di me e disse: 'State seduti. E nessuno si muova'.” Victor Kugler, che era nell’ufficio accanto, sente un gran baccano e va a vedere cosa sta succedendo. Victor Kugler: “Vidi quattro poliziotti, uno di loro aveva la divisa della Gestapo.” Un agente punta la pistola contro Kugler e gli fa cenno di far strada. Vanno verso la libreria girevole e la aprono. Con la pistola spianata i poliziotti entrano nell’Alloggio segreto.
Un uomo con la pistola in pugno
I clandestini sono colti totalmente di sorpresa. Da più di due anni vivono nell’angoscia costante di essere scoperti e ora il loro incubo è diventato realtà. Otto Frank racconta dopo la guerra: “Erano circa le dieci e mezzo. Ero di sopra dai Van Pels, nella stanza di Peter e lo aiutavo con i compiti. Improvvisamente qualcuno salì di corsa le scale. I gradini scricchiolavano, io mi alzai di scatto perché era ancora mattina e tutti dovevano essere silenziosi. In quel momento la porta si aprì e ci trovammo di fronte un uomo con la pistola in pugno, puntata contro di noi. Dabbasso erano stati raggruppati gli altri. Mia moglie, le bambine e i Van Pels erano in piedi con le mani in alto.” Subito dopo anche Fritz Pfeffer viene condotto in questa stanza.
Oggetti di valore
I clandestini devono consegnare gli oggetti di valore. Silberbauer prende la cartella nella quale Anna conserva i suoi diari e ne scrolla via il contenuto per riempirla con gli oggetti di valore. Le carte che compongono il diario di Anna cadono sul pavimento di legno. Otto Frank: “A quel punto disse: preparatevi. Fra cinque minuti dovete essere di nuovo tutti qui.” Miep Gies racconta: “Li sentii scendere le scale, molto lentamente”. Assieme ai due benefattori Victor Kugler e JohAnnas Kleiman, anch’essi arrestati, i clandestini vengono fatti salire su un camioncino e portati via.
Euterpestraat
Il quartiere generale della “Sicherheitsdienst” (la polizia tedesca) in Euterpestraat ad Amsterdam.
In prigione
Gli otto ex clandestini vengono portati nella prigione della SD in Euterpestraat e rinchiusi in uno stanzone assieme ad altri detenuti. Successivamente vengono interrogati individualmente. Gli agenti vogliono sapere se i benefattori o gli ex clandestini conoscono gli indirizzi di nascondigli che potrebbero ospitare altri clandestini. JohAnnas Kleiman e Victor Kugler tacciono. Otto Frank risponde che non sanno nulla perché nei 25 mesi di permanenza nell’Alloggio segreto hanno perso ogni contatto con amici e conoscenti. Dopo di che i benefattori e gli ex clandestini vengono separati. JohAnnas Kleiman e Victor Kugler sono condotti nel carcere giudiziario in Amstelveenseweg mentre gli otto ex clandestini vengono mandati nel penitenziario in Weteringschans ad Amsterdam.
Il destino dei clandestini:
Auschwitz-Birkenau
Detenuto sul marciapiede ferroviario di Auschwitz-Birkenau
“Non voglio più parlare di ciò che provai quando all’arrivo allo scalo ferroviario di Auschwitz la mia famiglia venne separata.”
Otto Frank, 1979
A uomini e donne viene tatuato un numero sul braccio, vengono rasati e ricevono l’uniforme del campo. Non possono tenere i loro abiti. Gli uomini vengono assegnati ad una sezione del campo, le donne all’altra. Otto Frank, Fritz Pfeffer, Hermann e Peter van Pels rimangono insieme. Gli internati sono costretti a compiere un duro lavoro, devono scavare fossati. Peter è fortunato: viene assegnato all’ufficio postale. I custodi e i prigionieri non ebrei possono ricevere posta. Qui Peter riesce a racimolare a volte qualcosa in più da mangiare.
Selezioni
Ogni giorno ci sono selezioni: i detenuti troppo malati o troppo deboli per lavorare vengono mandati immediatamente nelle camere a gas. Hermann van Pels, qualche settimana dopo il suo arrivo, non è più in grado di lavorare e viene ucciso con il gas. Otto Frank e Peter van Pels sono testimoni di quel momento: “Non dimenticherò mai il momento in cui il diciassettenne Peter van Pels ed io vedemmo un gruppo di uomini selezionati. Tra loro c’era il padre di Peter. Venivano fatti marciare; due ore dopo passò un furgone con i loro vestiti.”
Neuengamme
Prigionieri nel campo di Neuengamme.
Esposte alle intemperie
Dopo la selezione Edith, Margot ed Anna Frank sono assegnate ad una baracca. Auguste van Pels finisce probabilmente in un’altra sezione del campo. Di giorno devono lavorare, ad esempio trasportare pietre o spostare zolle d’erba. A volte rimangono per ore esposte al freddo e al vento durante l’appello.
Neuengamme
Nell’ottobre 1944 Fritz Pfeffer è deportato a Neuengamme. Qui migliaia di internati soccombono a causa delle pesantissime condizioni di lavoro, della scarsità di cibo e delle pessime condizioni igieniche. Fritz Pfeffer muore il 20 dicembre 1944 nell’infermeria del campo, all’età di 55 anni.
Auschwitz-Birkenau
Detenute di Auschwitz-Birkenau dopo che l’esercito russo ha liberato il campo il 27 gennaio 1945.
"Le bambine! Dio mio..."
Nell’inverno del 1944 l’esercito russo si avvicina. I nazisti decidono di riportare in Germania tutti gli internati che sono ancora abili al lavoro e fanno una selezione. Edith non può partire. Poi è il turno di Margot ed Anna. Questa è la testimonianza di Rosa de Winter-Levy: “Infine arrivò il turno delle due ragazze. (...) Eccole là in piedi per un attimo, nude e rasate a zero. Anna ci guardò dritto negli occhi con il suo viso puro e poi entrambe scomparvero. Non potemmo vedere ciò che avveniva dietro i riflettori. La signora Frank gridò: le bambine! Dio mio…” Margot ed Anna Frank sono deportate su un treno affollatissimo al campo di concentramento di Bergen-Belsen. Edith Frank rimane ad Auschwitz, dove si ammala e muore il 6 gennaio 1945.
Il campo di Bergen-Belsen
Il campo poco tempo dopo la liberazione.
Baracche strapiene
Dopo un terribile viaggio in treno di tre giorni, Anna e Margot giungono a Bergen-Belsen, dove confluisce un numero crescente di prigioniere provenienti da altri campi di concentramento. Il campo è già sovraffollato e le nuove arrivate sono alloggiate in tende. Qualche giorno dopo una tempesta distrugge la tendopoli e le internate vengono sistemate in una delle baracche strapiene.
Auguste van Pels
Alla fine del novembre 1944 arriva nuovamente a Bergen-Belsen un treno di prigioniere da Auschwitz e tra esse vi è Auguste van Pels. Auguste rivede Margot ed Anna Frank, ma dopo un paio di mesi è di nuovo evacuata da Bergen-Belsen e deportata a Raguhn, che fa parte del campo di concentramento di Buchenwald. Quindi da Raguhn è trasferita a Theresienstadt. Auguste van Pels muore in una località sconosciuta, in Germania o in Cecoslovacchia, nel periodo tra il 9 aprile e l’8 maggio 1945.
Bergen-Belsen
Prigioniere liberate nel campo di Bergen-Belsen.
Tifo
Nell’inverno del 1944 – 1945 le condizioni a Bergen-Belsen continuano a peggiorare: il cibo scarseggia e la situazione igienica è drammatica. Molti detenuti si ammalano. Margot ed Anna Frank hanno il tifo e moriranno poche settimane prima della liberazione del campo. Janny Brilleslijper ne è testimone: “La prima ad andarsene fu Margot che cadde dal letto sul pavimento di pietra e non riuscì più a rialzarsi. Anna morì il giorno seguente.”
Mauthausen
Questi prigionieri sono stati liberati. Per Peter van Pels la liberazione è giunta troppo tardi.
Uniformi candide
Il 27 gennaio 1945 i soldati russi liberano il campo di concentramento di Auschwitz. Otto Frank è uno dei 7650 prigionieri ancora in vita. Pesa appena 52 chili mentre nell’Alloggio segreto ne pesava 70. Otto ricorderà soltanto le uniformi candide come la neve dei soldati russi: “Erano brave persone. Non c’importava che fossero comunisti. Non avevamo alcun interesse per la politica, per noi contava soltanto essere liberi.”
Peter van Pels
Peter van Pels è costretto a lasciare Auschwitz poco prima. Tutti i prigionieri ancora in grado di camminare vengono portati via. Dopo una marcia massacrante arriva nel campo di concentramento austriaco di Mauthausen dove è costretto a fare un durissimo lavoro in una cava di pietra. Ormai stremato e malato morirà il 5 maggio 1945.
Carte de Repatrié
Questo era il documento di rimpatrio di Otto, necessario per attraversare la Francia.
Sano e salvo
Nelle settimane successive alla liberazione Otto Frank recupera lentamente le forze dopo tante prove. Il 17 febbraio 1945 annota in un taccuino: “Prima passeggiata all’aperto”. Qualche giorno dopo scriverà la sua prima lettera alla madre in Svizzera: “Spero che queste righe raggiungano te e tutti i nostri cari dandovi la notizia che sono stato salvato dai russi, che sono sano e pieno di coraggio e ben curato sotto ogni aspetto. Non so dove siano Edith e le bambine, siamo separati dal 5 settembre 1944. Ho sentito soltanto che sono state deportate in Germania.”
Ritorno ad Amsterdam
In quel momento in vaste aree dell’Europa si combatte ancora. Soltanto il 31 marzo 1945 Otto Frank e gli altri prigionieri possono iniziare il loro lungo viaggio di ritorno in Olanda, passando per Odessa, quindi in nave fino a Marsiglia ed infine in treno e in un’autovettura. Durante questo viaggio Otto Frank apprende che sua moglie è morta ad Auschwitz. Il 3 giugno 1945 Otto Frank arriva ad Amsterdam e si reca immediatamente da Miep e Jan Gies. Essi sono felici di rivederlo e lo informano che tutti i benefattori sono sopravvissuti. Non hanno però notizie di Anna e Margot.

L' INTERVISTA / L' incontro a Gerusalemme con la donna che condivise gli anni del terrore con l' autrice del "Diario": "La conobbi nel ' 33, a scuola insieme"

"Io, l' amica del cuore di Anna Frank"

Hannah Pick Goslar a Enzo Biagi: non dimentichero' mai i nostri giorni al campo "Era davvero una ragazzina amabile Sento il dovere di continuare a ricordarla" "I miei tre figli sanno tutto. Per loro e' un po' come una seconda madre"

L' incontro a Gerusalemme con la donna che condivise gli anni del terrore con l' autrice del "Diario":
- "La conobbi nel ' 33, a scuola insieme" "Io, l' amica del cuore di Anna Frank" Hannah Pick Goslar a Enzo Biagi: non dimenticherò mai i nostri giorni al campo "Era davvero una ragazzina amabile Sento il dovere di continuare a ricordarla" "I miei tre figli sanno tutto. Per loro è un po' come una seconda madre"
di ENZO BIAGI A Gerusalemme ho incontrato Hannah Pick Goslar, l' amica di Anna Frank.
Nata a Berlino, settanta anni fa, in una famiglia della buona borghesia israelita; quando i nazisti salirono al potere, si trasferirono ad Amsterdam. Suo padre era viceministro degli Interni e capo della stampa. Conobbe Anna, anzi Annelise Marie Frank, nel 1933, dal fruttivendolo sotto casa: erano appena arrivate dalla Germania, frequentavano insieme la scuola Montessori. Il 20 giugno 1943, col padre, la sorella e i nonni, venne rinchiusa nel campo di raccolta di Westerbork, e più tardi trasferita a Bergen - Belsen.
Qui un anno dopo ritrova Anna, arrivata da poco. Parlano protette da un cespuglio che nasconde il filo spinato. Anna informa l' amica di quello che accade nel mondo: nella soffitta dove i Frank e i loro amici si erano rifugiati avevano una radio. La guerra sta per finire, dice, ma le rivela che ci sono i forni e le camere a gas. La signora Goslar sopravvive insieme alla sorella Gabi. Rivede Otto Frank in un sanatorio, poi emigra a Gerusalemme dove diventa infermiera e sposa un medico. Ha tre figli e dieci nipoti. E questa e' la trascrizione del nostro colloquio, registrata davanti al vagone ferroviario che e' il simbolo della deportazione e dell' Olocausto.
- Chi era Anna Frank?
- "Era una ragazzina amabile. Voleva sempre essere al centro dell' attenzione.
Per farlo inventava cose curiose, per esempio si scopriva le spalle, tu non potevi vederlo, ma lo sentivi: apriva e chiudeva gli automatici... cnac, cnac, cnac. Allora tutti la guardavano e lei era felice".
- Quando vi siete accorti che essere ebrei poteva diventare una colpa?
- "Mio padre era un Viceministro del Governo tedesco, ma dovette lasciare il suo incarico e andare via dalla Germania. Se non fosse stato ebreo, non sarebbe accaduto".
- Gli altri come si sono comportati con voi?
- "In Olanda le persone erano molto gentili. Non avevamo soldi, eravamo dei rifugiati, ma trovavamo tanti amici. Non esistevano ebrei o cristiani, non c' era distinzione di religione o di razza e a scuola eravamo ben accetti. Non ho mai avuto problemi con gli olandesi ne' prima ne' dopo la guerra".
- Lei ha raccontato un sogno ricorrente di Anna. Qual era?
- "Nel suo diario Anna dice che una notte del novembre 1943 sognò me e sua nonna. Si domandava perché lei era ancora viva, mentre io, la sua migliore amica, probabilmente ero morta, dal momento che lei era nascosta in una soffitta e io mi trovavo già in un lager. Oggi io sono una nonna felice nella mia madrepatria, Anna invece non ha potuto continuare a vivere. E’ per questo che sento di dover ancora parlare di lei e dell' Olocausto: la gente deve sapere, e' una storia che non deve più ripetersi".
- Lei l' ha rivista nel campo di Bergen - Belsen. Cosa ricorda di quell' incontro?
- "Era il 1945: dal lager di Auschwitz erano arrivati migliaia di prigionieri tra cui settemila donne, che furono sistemate in tende. Proprio accanto alla mia baracca, ma non potevo vederle: i tedeschi avevano diviso il campo con del filo spinato coperto da un alto muro di paglia. Non volevano che sapessimo chi c' era dall' altra parte e ci controllavano dalle torrette con i riflettori. Ci vollero quattro mesi prima che io scoprissi che c' erano anche quaranta donne olandesi e un giorno una mia amica mi disse che Anna era tra loro. Non ci potevo credere, per tutto quel tempo avevo pensato che fosse in salvo dalla nonna, in Svizzera. "A quel punto, pericoloso o no, di notte mi avvicinai al filo spinato e chiamai molto piano per non farmi sentire dalle sentinelle. Mi rispose una donna: fui fortunata, perché si trattava della signora Van Pels, che era stata con i Frank nel nascondiglio di Amsterdam. "Andò subito a chiamare Anna e così ci incontrammo. Le dissi: "Pensavo fossi in Svizzera". "Mi spiegò che quella era stata solo una chiacchiera che avevano fatto girare, ma che in realtà lei e la famiglia si erano nascosti nell' ufficio del padre. Le raccontai che mia madre era morta e che il mio papà era molto malato, mentre mia sorella stava abbastanza bene. Mi disse che lei, invece, non aveva più nessuno. La madre e la sorella Margot erano morte e per quanto riguardava suo padre, Anna sapeva che le persone al di sotto dei 15 anni e al di sopra dei 55 andavano direttamente alle camere a gas e suo padre era fra i condannati. Non sapeva, però , che contavano anche le condizioni di salute di una persona. Quelle di suo padre erano buone, poteva lavorare ed era stato liberato in febbraio. Ma noi non potevamo immaginarlo, non potevamo immaginare che Auschwitz, dal 27 gennaio di quell' anno, non era più un lager. Se lei avesse saputo che almeno il signor Frank era vivo, sarebbe stata un po' più forte per resistere. "Mi disse, poi, che non aveva niente da mangiare. Il giorno dopo, per la prima volta, ci furono consegnati dei pacchetti della Croce Rossa, non certo perché eravamo ebrei, ma perché nel mio caso, per esempio, avevo un passaporto sudamericano. "Conservai il pacchetto per Anna, non era molto ma comunque tanto in quella situazione e un paio di giorni dopo la incontrai. Le lanciai il pacchetto oltre la siepe, la sentii strillare e poi piangere: un' altra donna, più veloce, aveva preso il fagotto. Tre giorni dopo ci provammo di nuovo e questa volta riuscì ad afferrarlo. Fu l' ultima volta che le parlai, perché i tedeschi cominciarono a trasferire tutte le donne. Non so cosa le accadde poi".
- Dei giorni del campo cosa c'e' di incancellabile?
- "Non posso dimenticare l' incontro con Anna, non posso dimenticare che mio padre e' morto là e non posso dimenticare tutte le persone che mi hanno aiutata. Se la mia sorellina è sopravvissuta è stato solo grazie al loro aiuto".
- Perché Anna e' diventata un simbolo?
- "Guardi, non saprei. So solo che il suo e' stato il primo diario trovato dopo la guerra e pubblicato. La gente ha conosciuto una testimonianza vera dell' Olocausto, qualcosa che ha mosso le coscienze".
- Come ricorda la riconquista della vita?
- "Rimasi per due mesi in un villaggio tedesco. Poi tornai in Olanda, dove fui ricoverata in un ospedale e solo nel dicembre del ' 45 presi coscienza della libertà , quando, cioè , il padre di Anna mi aiutò a raggiungere mia zia in Svizzera".
- Cosa racconta ai suoi figli?
- "I miei figli sanno tutto, anche i miei nipoti. Il mio ultimo figlio ha persino detto: "Anna Frank e' un po' come la mia seconda madre". E per i miei nipoti e' la seconda nonna, quella che era ad Auschwitz. Un giorno uno di loro mi ha detto: "Sai, l' altra nonna ha sofferto molto più di te". Voleva dire che quello che ho passato non e' paragonabile all' esperienza di Auschwitz. Ma e' stato abbastanza".
- Oggi cosa significa essere ebrei?
- "Significa essere una persona come tutte le altre. Abbiamo un Paese, abbiamo la libertà e possiamo vivere come vogliamo".
- Come si immagina il futuro?
- "Spero ci sarà la pace. Non sono un profeta, mi auguro che possa essere migliore. Ci sono tanti problemi che devono essere risolti, ma non sono un politico". Andai ad Amsterdam. Nella soffitta a cui si arriva per ripide scale, non e' rimasto quasi nulla dell' adolescente sensibile, delle intuizioni poetiche e del destino disperato di quei prigionieri: soltanto una cartina sulla quale venivano segnati i progressi delle truppe alleate e alle pareti i ritagli delle riviste che gli impiegati del signor Frank e le dattilografe Niep ed Elly riuscivano a raccattare. Figure di quel tempo: Deanna Durbin, Shirley Temple, Ginger Rogers, la riproduzione di un disegno di Leonardo, alcuni bambini che mangiano fragole. Dalla stanzetta di Peter van Daan, il primo amore, il primo innocente bacio, si vedono un albero carico di fiori gialli e un ippocastano dalle foglie tenere. Si legge nelle pagine di Anna: "Se nonostante tutte le nostre sofferenze restano ancora degli ebrei, vuol dire che un giorno gli ebrei, invece di essere proscritti, saranno presi a esempio".
 Infanzia:
Anna bebè
Anna Frank con la madre, il giorno dopo la sua nascita.
Ebrei e tedeschi
“Mio padre, il papà più caro del mondo, si è sposato quando aveva già trentasei anni con mia madre che ne aveva venticinque. Mia sorella Margot nacque nel 1926 a Francoforte sul Meno in Germania ed il 12 giugno 1929 sono nata io.”
Anna Frank
Annalies Marie Frank nasce il 12 giugno 1929 a Francoforte sul Meno (Germania). È la seconda figlia di Otto Frank e di Edith Frank-Holländer e alla sua nascita la sorellina Margot ha tre anni. I Frank sono ebrei e tedeschi, da secoli le loro famiglie risiedono in Germania.
Il padre di Anna lavora nella banca di famiglia, la madre è casalinga. Per Margot ed Anna questo è un periodo felice, nel vicinato ci sono tanti bambini con cui giocare. Tuttavia i genitori vivono in ansia perché Adolf Hitler ed il suo partito fanno degli ebrei il capro espiatorio di tutti i problemi economici e sociali. In Germania cresce l’antisemitismo.
Edith Frank e le figlie
La fotografia è stata scattata nel centro di Francoforte sul Meno il 10 marzo 1933. È l’ultima fotografia fatta da Otto Frank a Francoforte.
La dittatura
“Il mondo intorno a me stava crollando. Dovevo fare qualcosa e sebbene ciò mi facesse soffrire, mi sono reso conto che la Germania non era l’unico paese al mondo e l’ho lasciato per sempre.”
Otto Frank
All’inizio del 1933 il partito tedesco nazionalsocialista (NSDAP) sale al potere in Germania. Il capo del partito, Adolf Hitler, diventa Cancelliere e guida un nuovo governo. Ben presto gli ebrei vengono discriminati e la Germania, che prima era una democrazia, si trasforma in una dittatura. I genitori di Anna temono per la loro sicurezza. Inoltre la banca di Otto Frank risente sempre più della recessione economica mondiale. Otto ed Edith Frank decidono di lasciare il paese.
Anna e Margot, 1933
Nell’estate del 1933 Anna e Margot sono ospitate dalla nonna materna ad Aquisgrana mentre i genitori sono impegnatissimi ad organizzare l’emigrazione della famiglia in Olanda.
Un nuovo inizio
“In Olanda, dopo le esperienze vissute nella Germania nazista, tornammo ad essere padroni di noi stessi. Potemmo iniziare una nuova vita e sentirci liberi.”
Otto Frank
Otto Frank si trasferisce nell’estate del 1933 in Olanda, dove ha l’opportunità di avviare un’azienda per la vendita dell’Opekta, un addensante per la preparazione in casa delle marmellate. In quel periodo Anna e Margot abitano dalla nonna materna ad Aquisgrana mentre Edith va spesso ad Amsterdam per cercare un’abitazione per la famiglia.
Nuove amicizie
Nel novembre la madre di Anna trova un bell’appartamento in Merwedeplein, in un quartiere nuovo. Già in dicembre Margot arriva ad Amsterdam mentre Anna li raggiunge nel febbraio 1934. Anna frequenta l’asilo Montessori, Margot va ad una scuola elementare pubblica. Qui stringono nuove amicizie ed imparano velocemente l’olandese.
I Frank
Margot, Otto, Anna ed Edith Frank sulla Merwedeplein, 1941.
La discriminazione
“Dopo il maggio del 1940 la situazione è precipitata: prima la guerra, poi la capitolazione, l’invasione tedesca e l’inizio dei tempi duri per noi ebrei.”
Anna Frank
I Frank si sentono nuovamente liberi e al sicuro, ma solo fino al 10 maggio 1940, data in cui l’esercito tedesco invade l’Olanda. Dal 15 maggio 1940 il paese è occupato dai nazisti ed inizia la discriminazione degli ebrei: gli ebrei non possono essere proprietari di un’azienda, i ragazzi ebrei devono frequentare scuole ebraiche, gli ebrei devono portare una stella sugli abiti e tanti altri provvedimenti discriminatori simili. Corrono perfino voci che gli ebrei verranno deportati in Germania...
Un diario
Il 12 giugno 1942 Anna Frank compie tredici anni e riceve in dono un diario. Per lei è il regalo più bello ed infatti inizia subito a scrivere: “Spero di poterti confidare tutto (...) e che sarai un grande conforto per me.”
La convocazione
L’Ufficio centrale per l’emigrazione ebraica invia agli ebrei che hanno ricevuto la convocazione questo documento, in cui è indicato precisamente che cosa possono portare con sé e quando devono partire.
In clandestinità
“Mi sono spaventata a morte, una chiamata, tutti sanno che cosa vuol dire, ho subito immaginato campi di concentramento e celle solitarie ….”
Anna Frank
Le voci che parlano di deportazione degli ebrei in Germania risultano essere vere. Il 5 luglio 1942 Margot Frank, come mille altri ebrei ad Amsterdam, riceve una convocazione. I nazisti esigono che vada in Germania in un campo di lavoro. Se Margot non si presenterà, l’intera famiglia sarà arrestata.
Nascondiglio segreto
I genitori di Anna e Margot sapevano che la convocazione sarebbe arrivata e hanno quasi finito di allestire un nascondiglio segreto, non solo per loro, ma anche per i Van Pels – Hermann, Auguste e il figlio Peter. Hermann van Pels è codirettore dell’azienda di Otto Frank. I Frank si recano già il giorno seguente nel nascondiglio, portando con sé borse cariche di suppellettili. Naturalmente Anna ha anche il diario. Più tardi, ripensando a quel periodo scriverà nel diario: “Il tempo spensierato e senza affanni della scuola non tornerà mai più.”
Il Diario:
Il diario
Anna ha ricevuto questo diario per il suo tredicesimo compleanno.
Anna Frank scrittrice
“Sono consapevole di saper scrivere. Un paio di racconti sono carini, le mie descrizioni dell’Alloggio segreto sono umoristiche, molte parti del mio diario funzionano, ma... resta da vedere se ho veramente talento.”
Anna Frank nel diario, 5 aprile 1944
Dal suo tredicesimo compleanno Anna Frank tiene un diario. Non ha alcuna amica a cui può confidare tutto e per questo scrive nel diario lunghe lettere ad un’amichetta immaginaria, Kitty. L’ultima volta che ha confidato i suoi pensieri alla carta è stato il 1º agosto 1944. In questi due anni molto è cambiato nella sua vita. Le prime settimane dopo il suo compleanno erano “normali”: andava a scuola, si preoccupava dei voti, descriveva i compagni di scuola... Ma dal 6 luglio è rinchiusa con i genitori e la sorella in un nascondiglio. Dopo una settimana arrivano i Van Pels e nel novembre 1942 si unisce a loro Fritz Pfeffer.
Quaderno dei racconti
L’indice del quaderno dei racconti di Anna.
Soffocante
Ben presto Anna Frank scrive lunghe lettere a Kitty. Durante la clandestinità il suo diario diventa sempre più importante perché le permette di sfogarsi. Il 16 marzo 1944 conclude: “La cosa più bella per me rimane poter scrivere quello che provo e quello che penso, altrimenti soffocherei del tutto”.
Raccontini
Nell’Alloggio segreto Anna, oltre al diario, scrive anche dei racconti: “Un paio di settimane fa mi sono messa a scrivere un racconto, una cosa tutta inventata. Mi piace talmente che continuo ad accumulare pagine scritte.” (7 agosto 1943). A volte Anna legge i suoi scritti agli altri clandestini.
“Belle frasi”
Oltre al diario e ai racconti Anna Frank tiene anche nota delle “belle frasi” in un quaderno speciale. Se Anna legge in un libro una frase che la colpisce, la ricopia in questo quaderno. È un’idea del padre. A volte nel suo diario essa approfondisce il significato di alcune di queste frasi.
Scrittrice
Dopo la guerra Anna Frank desidera diventare scrittrice o giornalista. Il 25 marzo 1944 scrive: “A Peter racconto molto più facilmente cose di cui altrimenti non parlo mai. Così gli ho detto anche che da grande desidero scrivere, magari non come scrittrice, però continuando sempre a farlo accanto al lavoro che farò o ad altri miei compiti.”
“Una raccolta”
“Ieri sera per Radio Orange ha parlato il ministro Bolkestein e ha detto che alla fine della guerra sarà fatta una raccolta di diari di questa guerra.” Anna Frank (29 marzo 1944)
Una notizia straordinaria
Il 28 marzo 1944 i clandestini ascoltano una notizia straordinaria trasmessa da Londra. Ai microfoni di radio Orange il ministro Bolkestein annuncia che dopo la guerra i diari e gli altri documenti importanti saranno raccolti, per conservare per i posteri la storia del popolo olandese durante la Seconda Guerra Mondiale. I clandestini pensano immediatamente al diario di Anna.
Un romanzo sull’Alloggio segreto
Anna la considera una buona idea e scrive: “Pensa quanto sarebbe interessante se pubblicassi un romanzo sull’Alloggio segreto. Già dal titolo la gente penserebbe che si tratti di un giallo.” Nel maggio 1944 l’idea del romanzo prende seriamente forma: “Finalmente, dopo averci tanto pensato, ho cominciato a scrivere ‘L’Alloggio segreto’, nella mia testa l’ho già finito, ma in realtà andrà molto più lentamente, anzi, speriamo che riesca a finirlo”.
Fogli sciolti
Una parte del diario riscritto da Anna.
Redazione del testo
Intorno al 20 maggio 1944 Anna Frank inizia veramente a scrivere il suo romanzo. Nel breve lasso di tempo fino all’arresto dei clandestini, avvenuto il 4 agosto 1944, Anna Frank riscrive gran parte del diario su pagine sciolte. Spesso si tratta di una semplice redazione testuale, ma a volte tralascia interi brani che considera troppo personali. Tutte le lettere che compongono il diario sono indirizzate a Kitty, la sua amichetta immaginaria. L’ultimo foglio sciolto contiene la rielaborazione delle annotazioni del 29 marzo 1944.